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Michela Papavassiliou

 

 

 

Vedi, in questi silenzi in cui le cose

s’abbandonano e sembrano vicine

a tradire il loro ultimo segreto,

talora ci si aspetta

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità.

                              Eugenio Montale

 

 

 

Giulia Birindelli è un’artista filosofa, ma la sua anima materica e pop è quella di un’artigiana dell’Arte.

L’artista espone nella sua prima personale, alla Galleria Francesco Zanuso di Milano.

 

Gli scritti di grandi menti passate e contemporanee distillati con cura conquistano, nelle sue mani, una prospettiva diversa, sospesa in una provvisorietà evidente, mantenendo altresì intatta  la certezza del loro valore significante.

La verità appare inesauribile.

In un’opera si legge la frase di Bufalino: “simile a un colombo viaggiatore, il poeta porta sotto l’ala un messaggio che ignora”.

 

L’operazione di ripescaggio di un concetto fonte d’ispirazione perde da subito la mera azione citazionistica per sgretolarsi nelle profondità dell’immaginario, creando una distanza che è anche vicinanza  da noi e dal nostro inconscio.

Vedo Giulia come una funambula dell’Arte, in bilico sulla zona liminare del pensiero e della parola non verbale, di quella che rimane mai pronunciata, eppure scandagliata di continuo dentro di noi.

 

E’ la soglia la trincea dove si muove, tra ombra e luce, terreno esploratissimo ed inesplorato, in continuo cambiamento. Lì tensioni e distensioni, assemblaggi e scioglimenti.

La Birindelli crea nella luce.

Nel suo campo di lavoro il segno si fa esso stesso luce.

E’ questa una fucina che profuma d’acero e castagno, di tele incise, di canovacci cesellati. Un angolo di mondo lievitante, appartato silenzioso, quasi nascesse dal nulla come le sue creazioni. 

 

L’ombra c’è ma non si vede e in questa linea di confine sono riposte molte delle opere.

L’artista si muove in un’ atmosfera che la rappresenta alla perfezione, partecipando affabilmente dell’essere ma anche del non essere, in un gioco delle parti tanto ludico e leggero quanto tagliente e drammatico.

 

Un giorno Giulia mi mostrò un quadro appena ultimato. Osservavamo senza fretta, in un tempo che sembrava dilatarsi apposta per compiacere i sensi, mentre mi riferiva di come l’opera era stata concepita.

Mi colpì la decisione con cui spiegò dove aveva previsto un piano ondulato, nel contempo indicando centralmente il quadro “la punta della fiamma è decentrata” disse “perché, quando si parla di senso, il centro semplicemente, e per nostra fortuna, non esiste”.

 

C’è in lei una vocazione all’indagine, alla scoperta ed un’implicita consapevolezza della fugacità delle cose, della mutevolezza degli elementi, che non disperde tuttavia la determinazione di cercare ed in qualche modo di spiegare per immagini.

La Birindelli si appropria di strumenti da Neo Arte Povera.

“Sii magra e sii poesia se vuoi essere vita” è una citazione da lei molto amata, ma è anche uno splendido strumento, una lente perfetta per decriptare il suo pensiero. Così dice “mi trovo a mio agio lì dove la realtà mi si presenta come inesauribile”.

 

“La ripetizione di un modello è per me la morte civile. Troppa quiete mi inquieta”.

Giulia sa che l’essere è più del dire. Questo è il suo linguaggio, qui la sua coerenza.

 

Acquisito che molto resti per fortuna incomprensibile ascolta Pavese “in un equilibrio di sì, di affermazioni, tutte al punto di venir pronunciate, tutte ricche di un’infinita possibilità che impende e non si scarica mai. L’arte del non godere, questa è arte”.

 

La Birindelli vive nella possibilità della prima luce dell’alba e si dibatte nelle estremità del tramonto, sa cogliere l’ultimo spasmo e il primo pianto di vita. La sua porta socchiusa si spalanca e sbatte sulla zona liminare della creazione e della vita, quasi precisamente nel mezzo di una sua verità possibile.

 

 


Febbraio 2012

 

 

 

 

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